
![]() | ![]() | ![]() |
---|---|---|
![]() | ![]() |
Costruita dal 1955 al 1962, nacque in seguito alla richiesta di Hoffman, importatore statunitense di Alfa Romeo che chiese ai vertici di Arese di produrre una versione spider della Giulietta Sprint impegnandosi ad acquistarne 2.500 esemplari da proporre sul mercato nordamericano.
Vennero contattate le carrozzerie torinesi Bertone e Pininfarina con lo scopo di sviluppare proposte per il futuro modello: la proposta vincente fu quella di Pininfarina, disegnata dalla matita di Franco Martinengo, il quale si ispirò alla Lancia Aurelia B24 e mantenne un’impostazione stilistica più sobria e legata alla tradizione italiana per le vetture cabriolet. Inutile a dirsi, fu una soluzione che ebbe grandissimo successo: la Giulietta Spider vantava finiture più accurate rispetto alla versione Sprint e soluzioni all’avanguardia per quei tempi, come ad esempio la strumentazione interamente compresa in tre strumenti circolari, la plancia in metallo, il cambio al volante (solo su alcuni esemplari) e delle utili tasche laterali sulle portiere realizzate sfruttando l’intercapedine delle lamiere. Sotto il cofano fu scelto un motore a quattro cilindri in linea longitudinale da 1.290 cm³ di cilindrata erogante 65 CV di potenza, che consentiva alla vettura di raggiungere la velocità massima di 160 km/h. Le prestazioni aumentavano nella versione Veloce, che poteva disporre di due carburatori tipo Weber a doppio corpo e un rapporto di compressione 9:1, raggiungendo così i 180 km/h. Tali capacità, superiori a quelle della concorrenza, ponevano la Giulietta al vertice nella categoria delle spider.
La trazione era rigorosamente posteriore, e tutto era orientato alla maggiore leggerezza possibile: basamento in lega leggera con canne dei cilindri riportate in ghisa, testata in lega leggera con candela al centro della camera di scoppio. L'alimentazione comprendeva un carburatore doppio corpo Solex semi-invertito, distribuzione con due valvole per cilindro, disposte a V, comandate da due alberi a camme in testa con azionamento a catena. Freni a tamburo su tutte e quattro le ruote; sospensioni anteriori a ruote indipendenti, con bracci trasversali, molle elicoidali, ammortizzatori telescopici e barra antirollio; sospensioni posteriori a ponte rigido, con molle ad elica verticali.
Il modello uscì in due serie: la prima, dal 1956 al 1959, denominata “750 D” in versione normale e “750 F” nella versione Veloce, aveva tra le sue particolarità i vetri discendenti ma senza deflettori, la parte superiore della plancia in similpelle nera, portaoggetti senza sportello, volante a due razze con ghiera del clacson. La seconda serie, “101.03” in versione normale e “101.07” in variante Veloce, dal 1959 al 1961, ricevette un pianale allungato di 50 mm, finti deflettori sui finestrini, catarifrangenti di forma rotonda fissati sotto i fari posteriori, sedili regolabili e vano porta oggetti con sportello. Il rapporto di compressione della serie normale fu aumentato e portato a 8:1, con un aumento della potenza da 65 a 80 cavalli a 6000 giri al minuto. I fendinebbia e/o fari di profondità “Lucas” divennero un diffuso optional, i quali montati al posto dei rostri del paraurti anteriore donavano alla vettura un aspetto più aggressivo. Nel 1961, la terza serie (denominata sempre “serie 101”) era dotata di una fanaleria posteriore maggiorata, plancia imbottita, specchietto retrovisore con scatto antiabbagliante, portacenere e accendisigari posizionati sul pianale, vicino al cambio.
Complessivamente furono poco più di 17.000 gli esemplari prodotti, numeri eccezionali per quell’epoca: la Giulietta Spider uscì dal listino nel 1962, anno in cui venne inizialmente affiancata e successivamente sostituita dalla “sorella” maggiore con motore 1.600, denominata Alfa Romeo Giulia Spider. Fu un’icona degli anni ’50 e ’60, diventando anche una vera e propria star del cinema (comparendo in più di 200 diverse pellicole nel corso degli anni, guardate la nostra galleria per alcuni esempi) e vantando, ancora oggi, un fascino indiscusso grazie alle sue linee senza tempo.
Fonte: Wikipedia